20.10.09

14.10.09

4.9.09

Francesca


You came in out of the night
And there were flowers in your hand,
Now you will come out of a confusion of people,
Out of a turmoil of speech about you.

I who have seen you amid the primal things
Was angry when they spoke your name
In ordinary places.
I would that the cool waves might flow over my mind,
And that the world should dry as a dead leaf,
Or as a dandelion see-pod and be swept away,
So that I might find you again,
Alone.


Ezra Pound

21.8.09

3.7.09

Un affetto e la vita


Ho un affetto più grande di qualsiasi amore

su cui esporre inutilizzabili deduzioni

Tutte le esperienze dell'amore

sono infatti rese misteriose da quell'affetto

in cui si ripetono identiche.

Sono legato ad esso

perché me ne impedisce altri.

Ma sono libero perché sono un po' più libero da me stesso.

La vita perde intresse perché si è ridotta a un teatro

in cui le fasi di questo affetto si svolgono:

e così ho perso l'ebbrezza di avere strade sconosciute

da prendere ogni sera

(al vecchio vento che annuncia cambiamenti di ore e stagioni).

Ma che ebbrezza nel poter dire: "Io non viaggio più".

Tutto è monotono perché in tutto non c'è altro

che un certo luccichio di occhi,

un certo modo di correre un po' buffo,

un certo modo di dire "Paolo", e un certo modo

di straziare a causa della rassegnazione.

Ma tutto è messo in forse dal terrore che qualcosa cambi.

In ogni amore c'è la fusione tra la persona che si ama

e qualcun altro: ma ciò è naturale. Nell'affetto

ciò sembra invece così: innaturale:

la fusione avviene a tali profondità

che non è possibile darne spiegazioni, trarne motivi

per congratularsi, comunque essa sia, della propria sorte.

La tenerezza che tale affetto impone

al profondo, non conduce né a fecondare

né a essere fecondati, anche se per gioco;

eppure si soccombe ad esso

con lo stesso senso di precipitare nel vuoto

che si prova gettando il seme, quando si muore

e si diventa padri. Infine (ma quante altre

cose si potrebbero ancora dire..!),

benché sembri assurdo, per un simile affetto,

si potrebbe anche dare la vita. Anzi, io credo

che questo affetto altro non sia che un pretesto

per sapere di avere una possibilità - l'unica -

di disfarsi senza dolore di se stessi.

(P.P. Pasolini)

26.4.09




"Sad-eyed lady of the lowlands,
Where the sad-eyed prophet says that no man comes,
My warehouse eyes, my Arabian drums,
Should I leave them by your gate,
Or, sad-eyed lady, should I wait?"

Bob Dylan, Sad-eyed lady of the lowlands

11.4.09




"Spiritualmente un anno di profondo squallore e indigenza fino a quella memorabile notte di marzo, in fondo al molo, nel vento che urlava, non la scorderò mai, quando all’improvviso tutto mi è stato chiaro. La visione, finalmente. Questo, direi, devo soprattutto registrare stasera, in previsione del giorno in cui la mia opera sarà…(esita)…spenta e io non avrò forse più alcun ricordo, buono o cattivo, del miracolo che…(esita)…del fuoco che l’ha accesa. Ciò che ho visto di colpo quella sera, dunque è questo: che la convinzione su cui m’ero basato per tutta la vita, vale a dire…"


S.Beckett, L'ultimo nastro di Krapp

3.3.09

25.2.09











?

22.2.09

17.2.09







11.2.09

9.2.09















"Con un'impressione della notte ancora addosso, mi risveglio illanguidito da un pensiero allegro: "Ieri sera, X...era adorabile". E' il ricordo di che cosa? Di ciò che i Greci chiamavano la charis: "lo splendore degli occhi, la bellezza luminosa di un corpo, il fascino dell'essere desiderabile"
(...)
Adorabile
è la traccia insignificante d'una fatica, che è poi la fatica del linguaggio. Una parola dopo l'altra, mi logoro a dire in modo diverso la stessa cosa della mia Immagine, a dire impropriamente quello che è proprio del mio desiderio: un viaggio al termine del quale la mia filosofia ultima non può essere altro che quella di riconoscere - e praticare - la tautologia. E' adorabile ciò che è adorabile. O anche: ti adoro perchè sei adorabile, ti amo perchè ti amo. Ciò che limita così il linguaggio amoroso, è precisamente ciò che lo ha istituito: la fascinazione. Giacchè descrivere la fascinazione non può mai, in fin dei conti, andare al di là di questo enunciato: "io sono affascinato". Avendo raggiunto il limite estremo del linguaggio, là dove, come un disco che si è incantato, esso non può che ripetere la sua ultima parola. Io mi stordisco con la sua affermazione: la tautologia non è forse quella improbabile situazione in cui, con tutti i valori mescolati tra loro, si ritrovano la fine gloriosa dell'operazione logica, l'osceno dell'imbecillità e l'esplosione del nietzschiano?"


Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi

6.2.09









"Accade talvolta, ma molto raramente, che si sorprenda sul vivo la trasformazione di un avvenimento in mito. Poco tempo prima dell'ultima guerra, il folclorista rumeno Costantin Brailoiu ebbe occasione di registrare una bellissima ballata in un villaggio di Maramuresh. Si trattava di un amore tragico: il fidanzato era stato stregato da una fata delle montagne e, pochi giorni prima delle nozze, questa fata, per gelosia, l'aveva precipitato dall'alto di una roccia. Il giorno dopo dei pastori avevano trovato il corpo e, su di un albero, il suo cappello. Essi portarono il corpo al villaggio e la fanciulla venne loro incontro: vedendo il suo fidanzato morto ella intonò un lamento funebre pieno di allusioni mitologiche, testo liturgico di frusta bellezza. Questo era il contenuto della ballata. Registrando le varianti che aveva potuto raccogliere, lo studioso si informò del tempo in cui la tragedia era avvenuta: gli venne risposto che si trattava di una storia antichissima che era accaduta "tanto tempo fa". Ma proseguendo la sua inchiesta, lo studioso apprese che l'avvenimento datava appena da quarant'anni; finì anche per scoprire che l'eroina era ancora viva; le fece visita e ascoltò proprio dalla sua bocca la storia. Era una tragedia abbastanza banale: per disattenzione, il suo fidanzato scivolò una sera in un precipizio, non morì subito sul colpo, ma le sue grida furono intese dai montanari; lo si trasportò nel villaggio dove si spense poco tempo dopo. Alla sepoltura la sua fidanzata con le altre donne del villaggio avevano ripetuto i lamenti rituali soliti, senza la minima allusione alla fata delle montagne. Così erano bastati pochi anni, nonostante la presenza del testimone principale, per spogliare l'avvenimento di ogni autenticità storica e per trasformarlo in un racconto leggendario: la fata gelosa, l'assassinio del fidanzato, la scoperta del corpo inanimato, il lamento, ricco di temi mitologici, della fidanzata. Quasi tutto il villaggio era stato presente al fatto autentico, storico, ma questo fatto, come tale, non poteva soddisfarlo: la morte tragica di un fidanzato alla vigilia delle nozze era qualcosa di diverso da una semplice morte per disgrazia; essa aveva un significato occulto che poteva rivelarsi soltanto se integrato nella categoria mitica. La mitizzazione della disgrazia non si era limitata alla creazione di una ballata: si raccontava la storia della fata gelosa anche quando si parlava liberamente, "prosaicamente", della morte del fidanzato. Quando lo studioso attirò l'attenzione degli abitanti del villaggio sulla versione autentica, risposero che la vecchia aveva dimenticato, che il grande dolore le aveva quasi tolto il senno. Il mito diceva la verità: la storia genuina era ormai soltanto menzogna. D'altra parte il mito era effettivamente vero in quanto dava alla storia un suono più profondo e più ricco: rivelava un destino tragico."

Mircea Eliade, Il mito dell'eterno ritorno, Borla

27.1.09


















"La gente ... vuole qualcosa cui appoggiarsi, in modo da sentirsi a suo agio. Vuole qualcosa di sicuro cui aggrapparsi, per salvarsi dal vuoto ... è incapace di cogliere la poesia e il mistero intrinseci all'immagine. Certo lo sente, questo mistero, ma vuole liberarsene. Ha paura."

R. Magritte

22.1.09



(...)

- My nerves are bad to-night. Yes, bad. Stay with me.

- Speak to me. Why do you never speak. Speak.
- What are you thinking of? What thinking? What?
- I never know what you are thinking. Think. -

I think we are in rats' alley
Where the dead men lost their bones.

- What is that noise? -
The wind under the door.
- What is that noise now? What is the wind doing? -
Nothing again nothing.
- Do
- You know nothing? Do you see nothing? Do you
remember

- Nothing? -

I remember
Those are pearls that were his eyes.
- Are you alive, or not? Is there nothing in your head? -

But

(...)


T.S Eliot, The Waste Land

19.1.09






"La luce è la materia del film, quindi nel cinema - l'ho già detto altre volte - la luce è ideologia, colore, tono, profondità, atmosfera, racconto. La luce è ciò che aggiunge, che cancella, che riduce, che esalta, che arricchisce, sfuma, sottolinea, allude, che fa diventare credibile e accettabile il fantastico, il sogno, o, al contrario, rende fantastico il reale, dà miraggio alla quotidianità più grigia, aggiunge trasparenze, suggerisce tensioni, vibrazioni. La luce scava un volto, o lo leviga, crea espressione dove non c'è, dona intelligenza all'opacità, seduzione all'insipienza. La luce disegna l'eleganza di una figura, glorifica un paesaggio, lo inventa dal nulla, dà magia a uno sfondo. La luce è il primo effetto speciale, inteso come trucco, come inganno, come malìa, bottega alchemica, macchina del meraviglioso. La luce è il sale allucinatorio che bruciando sprigiona le visioni; e ciò che vive sulla pellicola vive per la luce. La scenografia più elementare e rozzamente realizzata può con la luce rivelare prospettive inattese, insospettate, e calare il racconto in una atmosfera sospesa, inquietante; oppure, spostando appena un cinquemila, e accendendone un altro in controluce, ecco che ogni senso di angoscia si dissolve e tutto diventa sereno, familiare, rassicurante. Il film si scrive con la luce, lo stile si esprime con la luce."

Federico Fellini, Intervista sul cinema, Laterza

17.1.09

"Ma quando dietro un sorriso leggiadro e seducente si sarà scorta la traccia quasi impercettibile di lacrime cocenti e sincere, solo allora si sarà riusciti a comprendere la verità dell'Iki".


Kuki Shuzo, La struttura dell'Iki, Adelphi

13.1.09

11.1.09

"Sappiate con certezza, che una veridica impressione di bellezza non dovrebbe provocare altro effetto che il silenzio!...insomma, siate sincero, vi è mai venuto in mente di applaudire assistendo al quotidiano , magico spettacolo del tramonto del sole?"


Debussy, Signor Croche antidilettante, Adelphi (/SE)

//http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_3/5.htm

9.1.09

7.1.09

"Hans si sdraiò al sole sulla riva del lago, mentre io, anzichè fare come lui, mi misi a camminare su e giù lungo la spiaggia. Hans aveva incrociato le mani sotto la testa e teneva gli occhi chiusi. Faceva caldo, il sole era alto, pensai che si fosse addormentato. Così non mi curai di lui e rimasi a passeggiare poco lontano, lungo la riva. La sabbia scricchiolava sotto i miei pesanti scarponi da montagna, mi chiesi se il rumore non l'avesse svegliato e mi voltai verso di lui. Hans aveva gli occhi spalancati e guardava fisso i miei movimenti, con un odio così forte da diventare palpabile. Non ritenendolo capace di un sentimento intenso - proprio di questo in lui si sentiva la mancanza - il suo odio mi stupì e da principio non pensai affatto che fosse rivolto contro di me e potesse avere delle conseguenze. Mi fermai, appoggiandomi al parapetto, vicino all'acqua, in modo da poterlo vedere con la coda dell'occhio: Hans taceva e senza muoversi continuava a guardarmi con gli occhi sbarrati, a poco a poco compresi che l'odio gli impediva di parlare. Il suo silenzio era per me una novità, come il sentimento da cui sembrava dettato. Io non mi opposi, lo rispettai, fra noi le parole avevano perso ogni valore, ce n'eravamo scambiate troppe. Questo stato dev'essersi prolungato per un bel pezzo. Hans era come paralizzato, ma il suo sguardo no, l'intensità di quello sguardo crebbe a tal punto che mi venne in mente la parola "assassinio". Feci qualche passo in direzione del mio zaino, che era rimasto per terra accanto al suo, lo sollevai e senza neppure mettermelo in spalla mi allontanai. Egli vide che gli zaini non erano più vicini, si sciolse dalla sua rigidità e alzandosi in piedi con un balzo prese il suo. In un attimo lo vidi per via, come lama aperta di un coltello, che scendeva a gran passi, senza degnarmi di uno sguardo, la strada per Jenbach."

Elias Canetti, Il frutto del fuoco - Storia di una vita (1921-1931), Adelphi

6.1.09

no stars



"Fly me to the moon
fly me to a star
But there are no stars in the New York sky
they're all on the ground"

L.Reed and J.Cale - Open house

5.1.09

l'essere umano perfetto cade così.



"Il disonesto sei stato tu Lars, perchè hai visto solo quello che volevi vedere: quello scetticismo che nutrivi per te stesso doveva a ogni costo applicarsi anche a me, volevi smascherarmi e invece hai smascherato te stesso, volevi rendermi umano ma, tesoro mio, non vedi che è quello che sono? E mi hai coinvolto nel gioco, ma hai fatto l'errore di lasciare che mi mettessi sulla difensiva e, come sappiamo tutti, in realtà è l'aggressore che si mette a nudo. E così ti sei sbagliato; e per quanto tu desiderassi il contrario sono stato io a fare lo sgambetto a te, e sei caduto lungo disteso. Come cade l'essere umano perfetto? Ecco, l'essere umano perfetto cade così."

3.1.09



basinski_melancholia

1.1.09

"Il New Musical Express salutò la stella nascente dei Floyd con la richiesta che ogni componente del gruppo elencasse per i lettori del settimanale del pop riconosciuto una serie d'informazioni vitali: peso e altezza; nomi di fratelli e sorelle; animali e hobby; "età d'ingresso nell'industria dello spettacolo"; e i colori, cibi e attori preferiti. La rubrica Life-Lines of the Stars del NME era, dopo tutto, un venerando rito di passaggio, attraverso il quale erano passati i Beatles, gli Stones e i Kinks - per non dire dei Dave Clark Fire e degli Herman's Hermits - nel loro viaggio verso la cima. Ora era il turno dei Pink Floyd.
I singoli Floyd risposero a questo esercizio in maniere tanto diverse quanto rivelatrici. Rick Wright si rivelò di gran lunga il più coscienzioso e onesto - confidando, per esempio, che la sua "Ambizione Professionale" era di "ascoltare una mia sinfonia suonata alla Festival Hall". Nick Mason trasformò il suo questionario in uno scherzo bonario - vale a dire: "Massima influenza sulla carriera: Paura e rum". Roger tradì tracce d'impazienza - scrivendo "mamma e papà", "nessuno" e "multi!" sotto rispettivamente "Nomi dei genitori", "Hobby" e "Colore preferito"; eppure accettava il gioco volentieri (adattandosi persino alla tradizionale pratica d'ogni pop star di posticipare la data di nascita d'un anno). Syd, in contrasto (a parte riconoscere d'avere "un gatto di nome Rover"), tendeva semplicemente a rispondere "Non ne ho" oppure "Tutto" - oppure a lasciare le caselle sconsolatamente vuote."

Nicholas Schaffner, Pink Floyd, lo scrigno dei segreti, Arcana




 

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