9.2.09
"Con un'impressione della notte ancora addosso, mi risveglio illanguidito da un pensiero allegro: "Ieri sera, X...era adorabile". E' il ricordo di che cosa? Di ciò che i Greci chiamavano la charis: "lo splendore degli occhi, la bellezza luminosa di un corpo, il fascino dell'essere desiderabile"
(...)
Adorabile è la traccia insignificante d'una fatica, che è poi la fatica del linguaggio. Una parola dopo l'altra, mi logoro a dire in modo diverso la stessa cosa della mia Immagine, a dire impropriamente quello che è proprio del mio desiderio: un viaggio al termine del quale la mia filosofia ultima non può essere altro che quella di riconoscere - e praticare - la tautologia. E' adorabile ciò che è adorabile. O anche: ti adoro perchè sei adorabile, ti amo perchè ti amo. Ciò che limita così il linguaggio amoroso, è precisamente ciò che lo ha istituito: la fascinazione. Giacchè descrivere la fascinazione non può mai, in fin dei conti, andare al di là di questo enunciato: "io sono affascinato". Avendo raggiunto il limite estremo del linguaggio, là dove, come un disco che si è incantato, esso non può che ripetere la sua ultima parola. Io mi stordisco con la sua affermazione: la tautologia non è forse quella improbabile situazione in cui, con tutti i valori mescolati tra loro, si ritrovano la fine gloriosa dell'operazione logica, l'osceno dell'imbecillità e l'esplosione del sì nietzschiano?"
Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi
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