"E veniamo al nudo. (...)Dunque: perchè l'uomo si denuda? Ma è ovvio perchè. Per lavarsi, per cambiarsi d'abito, per fare all'amore. E perchè si veste? Questo è molto meno ovvio. Non basta infatti dire che lo fa per difendersi dal freddo e dal caldo. Ci sono infatti uomini e donne vestitissimi nei climi più torridi e viceversa. Che conclusione trarne? Che c'è nudità dove c'è un rapporto più intimo, più immediato, diciamo pure più naturale con il proprio corpo (e con quello altrui), mentre l'atto del vestirsi comporta un valore simbolico aggiunto che a ben vedere è il valore principale? Insomma, che nudità corrisponde a natura e l'atto del vestirsi invece a cultura? anche qui le cose non sono così semplici come sembra. Certamente l'esser nudi dice qualcosa d'innegabile sulla condizione umana. Sia in senso positivo sia in senso negativo. In senso positivo: nudo è chi si è tolto gli indumenti, che sono artificiali, un di più, e dunque nudo è chi ha una percezione più libera di sè e almeno per certi aspetti più gioiosa, come dimostra il fatto che il piacere sessuale si accompagna solitamente alla nudità. Ma anche in senso negativo: nudo è sinonimo di spogliato della propria seconda pelle, se non della propria dignità, così come è simbolo di inerme, esposto alle intemperie e alle aggressioni degli altri animali, che la natura ha dotato ben altrimenti che l'uomo.
Tuttavia ciò non significa affatto che la nudità sia la nostra condizione naturale. Sarà pure un paradosso, ma la nudità non è per l'uomo uno stato, un modo d'essere primitivo e originario, bensì il risultato di un processo. Non lasciamoci ingannare dal fatto che nasciamo nudi. Il vero atto di nascita, per noi, non è venire al mondo nudi, ma l'essere accolti da qualcuno che si prende cura di noi e ci veste. Così non fosse, l'atto di nascita coinciderebbe con l'atto di morte e non saremmo qui a parlarne. Ben lungi dall'essere la condizione naturale dell'uomo, la nudità è un punto d'arrivo più che un punto di partenza. Tant'è vero che la nudità è sempre una condizione che dobbiamo riconquistare o una condizione a cui siamo costretti.
Riconquista la nudità, con gesti che possono essere molto sofisticati, ma anche inconsapevoli e automatici, l'amante che si accosta all'amato, e appunto di un riconquistare si tratta, un risalire verso fonti dimenticate e sepolte, neanche il corpo desiderato fosse il paradiso perduto. Anche la nudità del naturista è una nudità riconquistata. Ha un bel dire, il naturista, che per lui lo star nudo è quanto di più semplice e spontaneo ci sia. Come non fosse proprio lui a parlarci della necessità di liberarsi dei tabù. O a salutare la caduta di ogni pezzettino di stoffa come un passo verso l'emancipazione. Dunque, quello che addita agli altri è pur sempre un cammino che ha più dell'ascetico che non del festoso. Alla fine del quale si incontra una simulazione di naturalezza per lo meno sospetta.
Quanto alla nudità che non è certo una conquista, ma al contrario un'imposizione, c'è poco da dire. L'uomo che è obbligato a denudarsi, o è denudato a forza, e lasciato in quello stato, patisce violenza ma anche umiliazione. L'atto compiuto su di lui è peggio che disumano. E' disumanizzante. Lo riduce meno che uomo, lui, che animale e soltanto animale non può essere."
Sergio Givone, Prima lezione di estetica, Laterza
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