16.12.08

"Con gli scrittori che non hanno niente da dire, che non hanno un mondo loro proprio, non si parla che di letteratura. Con lui, molto raramente, in realtà quasi mai. Qualunque argomento quotidiano (difficoltà materiali, noie di ogni genere) lo interessa di più - nella conversazione beninteso. Quello che in ogni caso non può sopportare sono domande come: crede che questa o quell'opera sia destinata a durare? Che il tale o il talaltro meriti il posto che ha? Fra X e Y chi sopravviverà, chi è il più grande? Ogni valutazione del genere lo esaspera e lo deprime. "Che significato ha tutto questo?" mi disse dopo una serata particolarmente penosa durante la quale, a tavola, la discussione era stata una sorta di versione grottesca del Giudizio Universale. Lui stesso evita di pronunciarsi sui suoi libri e sui suoi drammi: ciò che gli importa non sono gli ostacoli superati ma gli ostacoli da superare: si identifica totalmente con quello che sta facendo. Se lo si interroga su un dramma, non si soffermerà sul contenuto, sul significato, ma sull'interpretazione, di cui si raffigura i minimi particolari, minuto per minuto, stavo per dire secondo per secondo. Non dimenticherò tanto presto il brio con cui mi spiegò le esigenze che deve soddisfare l'attrice che vuole recitare Not I, in cui una voce trafelata domina da sola lo spazio e vi si sostituisce. Quale bagliore nei suoi occhi quando vedeva quella bocca minuscola eppure dilagante, onnipresente! Si sarebbe detto che assistesse all'ultima metamorfosi, all'estremo capitombolo della Pizia!"

da E.Cioran, Beckett, alcuni incontri, SE

1 commento:

EEE ha detto...

Ah, perfetto.

(e bentrovato)

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